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By Ainita Seppilli
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Barcelona. 1990. Plaza y Janés. 21x15. 571p.
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Per alcune tribù eschimesi « il primo bambino che nasce in un villaggio dopo la morte di una determinata persona, riceve il nome di quest'ultima, e deve rappresentarla nelle feste che, in un secondo momento, saranno date in suo onore ». All'epoca della grande festa dei morti si crede che le ombre dei morti, ad un certo momento, penetrino, possedendolo, nel corpo dei loro omonimi, ed in tal guisa si approprino delle offerte di cibo, di bevande, del vestiario, date a costoro, ma di fatto a beneficio dei morti che essi rappresentano per sostanziale omonimia.
Nel mito, Luna è un uomo straordinariamente seducente; prendendo questo nome, l'amante si identifica, alla lettera, a quest'uomo. Non mormora: «Marai, aiutami a conquistare questa donna», ma pensa, anche senza mormorar nulla: « io sono Marai, in persona e l'avrò ». Questa potenza formidabile contenuta nella conoscenza del nome in quanto rappresenta identità assoluta con la persona, è tale da imporne la segretezza; un cosi fatto complesso di credenze si mantenne vivo, o addirittura si sviluppò sino alle conseguenze estreme nell'antica civiltà egizia.
Restauratore del tempio, vi aveva fatta incidere: «... se taluno cancellerà il mio nome e vi sostituirà il suo, e distruggerà, getterà nel fiume,... la mia tavoletta, o la farà prendere,... possano Assur,... Bel, Ea, e Marduk,... guardarlo biecamente,... annientare il suo nome... ». Il significato che gli antichi Egizi attribuivano alla distruzione del nome si riflette nel rito. I sacerdoti del dio solare Rha ripetevano ogni notte la seguente formula, con l'intento di aiutare il dio a vincere i mostri e a risorgere; e mentre lo recitavano, tagliavano a pezzi le immagini di quei mostri: L'ho ridotto a nulla [il mostro-serpente Apopi] come se mai fosse esistito.